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Relazione presentata al convegno "Il museo tra passato e futuro"
tenutosi a Bomba (Chieti) nei giorni 10-11 agosto 2000 a cura dellí Associazione
Museo Etnografico, atti in corso di pubblicazione.
Alcuni degli argomenti che troverete nella relazione che segue sono anche in Pitch and timbre aspects of folk singing in Central
Italy.
Nel 1997 ho realizzato, per il Museo
delle Genti d'Abruzzo di Pescara, una postazione multimediale che presenta
la musica popolare abruzzese, il canto in modo particolare. Per questo lavoro, realizzato
insieme con l'ing. Graziano Tisato, sono stati immessi nel computer un testo-guida,
i files sonori, i testi e le trascrizioni dei canti, e le loro analisi acustiche,
fotografie, disegni, spezzoni di documentari. Questo materiale è stato organizzato
come percorso nella musica di tradizione orale; ed in futuro dovrebbe trasformarsi
in un Cd-rom, dopo una necessaria opera di limatura su una mole di informazioni che
oggi occupa su disco fisso quasi 4 gigabytes.
Viene così documentato un aspetto particolarmente significativo della cultura
agro-pastorale. In essa il canto soprattutto ha una indubbia valenza espressiva,
evidente all'ascolto, e che l'analisi conferma di notevole originalità e con
interessanti caratteristiche fisico-acustiche. Questo 'modo' di esprimersi e queste
caratteristiche sono indissolubilmente legate al retroterra culturale, al 'sentire'.
La 'qualità' delle voci che udiamo in questi canti è la diretta espressione
di un modo di essere, e come tale destinata a scomparire insieme con il mondo che
l'ha prodotta.
Nelle giornate di Bomba si è inevitabilmente parlato di globalizzazione, di
identità locali, di consapevolezza - conoscenza di una tradizione/modello
culturale. Se la ricerca e lo studio delle fonti potevano essere necessari nel momento
in cui esse, dagli anni '50 del secolo appena trascorso, andavano progressivamente
scomparendo, mi sembra che oggi le contaminazioni con modelli di ritorno, per di
più già ibridati nel momento in cui li riceviamo (e questo in particolare
nel campo dei suoni), rendano necessari più e più approfonditi livelli
di ricerca. E soprattutto credo che il destinatario privilegiato debba essere l'utenza
giovanile; per il 'banale' motivo che conoscere aumenta le possibilità reali
e consapevoli di scelta e quindi di libertà.
In questo contesto si propongono la committenza e l'uso di tale materiale (la musica),
ed ovviamente le tecnologie: se il supporto Cd, Cd-rom (ed in futuro DVD) offre ampie
possibilità di comunicare in un'ottica divulgativa, ma più spesso di
acritico consumo per nulla adatto a questa espressione e con nessuna attrazione,
quindi, per l'industria culturale, il museo rimane luogo privilegiato di una funzione
educativa che l'ente pubblico o privato può e deve assumersi. Luogo dove si
riflette sulle conoscenze, il museo è testimone in questo caso di comuni modelli
culturali, probabilmente di scambi e fusioni interetniche (un modo di cantare comune
a gran parte del mondo mediterraneo ed a tutta l'area balcanica). Il museo può
essere propositivo e di stimolo ad una lettura del quotidiano attenta e priva di
facili e sbrigativi condizionamenti: i cambiamenti cui stiamo assistendo oggi sono
il naturale proseguimento del nostro cammino, ma in particolare di quei cambiamenti
avvenuti nell'Italia degli anni '50 e di cui queste voci sono le testimonianze.
I documenti sonori esaminati sono stati raccolti nell'area geografico- amministrativa
della Regione Abruzzo, e provengono da diverse fonti: c'è innanzitutto
un lavoro di raccolta condotto da me per circa dieci anni (1985-95), che è
stato messo a confronto con le raccolte fatte da altri etnomusicologi ed etnologi
negli anni passati. Di circa 60 ore di registrazione che coprivano un arco di tempo
dal 1948 al 1995, ho potuto scegliere 84 documenti che danno un quadro abbastanza
indicativo del tipo di espressione e di quali canti siano sopravvissuti una volta
non più 'funzionali', o di come il modo di cantare sia mutato in rapporto
al mutare delle condizioni socio-economiche.
Quanto segue può considerarsi solo un'introduzione al lavoro realmente presente
su computer, ed invito a visitare il Museo stesso a Pescara (nonché questo
sito). |
Immagine 1
Comuni nel cui territorio sono avvenute
le registrazioni contenute nella ricerca
Immagine 2
Organizzazione
del percorso multimediale
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Nell'immagine 1 sono evidenziati i comuni nel cui territorio sono avvenute
le registrazioni contenute nella ricerca.
Nell'immagine 2 si mostra l'organizzazione del percorso. L'introduzione tra
l'altro sottolinea come i documenti sonori raccolti siano anche la testimonianza
di una più ampia area culturale che accomunava gli stili di vita delle genti
dell'Italia centro-meridionale. Ad esempio assieme ad una storia raccolta da Ernesto
De Martino in Lucania (De Martino 1975, pag. 112):
Quanne lu pastore va a la messe,
la chiesa je pareva lu pagliaro,
li sande je parevano pecurelle
e Gesù Cristo lu capo massaro.
Mo se ne va a la via dell'acquasanta:
"Ce belle nappe p'empanà lu latte!"
Mo se ne va a la via de l'autàre:
"Ce bella preta pe pisà lu sale!"
Mo se ne va a la via d'a sacrestia:
"Ce bellu casulare pe' salà lu case!"
Mo se ne va a via du campanare:
"Ce belle quàccave pe' quaglià lu latte!"
si ascolta una registrazione fatta da Alan Lomax a Castel del Monte (Aq) nel 1954
(coll. 24 P, Lomax-Carpitella, Archivi di Etnomusicologia presso l'Accademia di Santa
Cecilia - Roma):
Lu pastor', lu pecrar' va a la chies'. Quanda va a la chies', all'acqua sanda se
cred' de ..., ch' no l' capisc', e poi se revolda a quell'angiolelli, piccoli a la
chies' se crede tutte agnellucc'. Poi se rivolda a cchiù vecchielluni, se
cred' tutte pecur' a menduni. Poi se revolda a chir' canneller' "chi bbella
mazza pe tuccà staser'".
Poi se revolda al capaldare "che bbella preta pe tretà lu sale",
pe dà a le pecur', e poi se'nnarvà, n'nz' fa mangh' la croce ch'n'n
capisc' cchiù che è la cchies', (...).
Vedian' tutt' le ragazzell', dic' "tté che bbell' ..., quess' so le pecurell'
...", poi se revuldian' a nu chi favam' vecchi', dicean' "he le pecur'e
mendun'", dician' "la sacrastia che bbella mandr' pe ffa massaria".
Il repertorio è classificato secondo le tipologie e le occasioni
e modalità.
La musica di tradizione orale era sempre legata ad un contesto e si caratterizzava
in funzione di esso; come tale essa era parte del rito ed accompagnava tutti i momenti
principali della vita del singolo e della comunità: nascita, matrimonio, religione,
lavoro, morte. I canti considerati in questo lavoro sono stati divisi in: canti di
lavoro nei campi (mietitura, raccolta delle olive, a dispetto), canti d'occasione
(storie cantate), canti del ciclo della vita (ninne nanne, corteggiamento,
canti per la sposa, lamenti funebri), canti di fede e di culto (pellegrinaggio,
processioni, confraternite, canti di questua).
La modalità ha, per me, inteso anche il modo in cui il canto veniva
eseguito, e cioè: seduti (principalmente canti delle attività domestiche
come ninne nanne, storie cantate), in piedi fermi (canti di lavoro, canti
di questua, canti confraternali), in cammino (canti di pellegrinaggio, processionali).
Le posture e gli atteggiamenti legati al canto influenzano l'esecuzione, in particolare
la vocalità e le caratteristiche acustiche: accostarsi a formare un semicerchio
o un cerchio, portare il palmo della mano alla bocca o al lato della guancia.
Con tipologie ho inteso il modo di cantare (le caratteristiche esecutive del
canto). Io credo che la musica folklorica abruzzese sia soprattutto vocale, gli strumenti
che accompagnavano / suonavano questa musica sono oggi del tutto scomparsi (della
zampogna, ad esempio, non esistono documenti registrati sul territorio dell'attuale
Regione Abruzzo), desueti (flauti di canna), non più utilizzati in questo
contesto già da tempo (chitarre, violini), mentre l'organetto diatonico li
ha sostituiti tutti uniformando il repertorio (è uno strumento a toni fissi
apparso da noi alla fine del 1800) e creandone uno nuovo, anch'esso popolare (legato
soprattutto al ballo), che esula però dal contesto che ho voluto trattare.
Nei canti a seconda della partecipazione di una o più persone e della presenza
di una o più linee melodiche avremo:
a) Monodie, canti eseguiti da una sola voce e con una sola linea melodica.
Sono soprattutto le ninne nanne, i canti a dispetto, i lamenti funebri.
→ Ninna nanna registrata da Alan Lomax a Scanno (Aq) il 5 dicembre 1954, (Carpitella, Raccolta 24P Lomax, per gentile concessione del Centro Studi Alan Lomax, Palermo, dell’Association for Cultural Equity at Hunter College, New York City, degli Archivi di Etnomusicologia – Accademia Nazionale di Santa Cecilia) (Download - Audio mp3 - 13,6Mb).
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Immagine 3
Canto a dispetto
"e le tiengh' nu saluto da mannahe"
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L'immagine 3 è la trascrizione di un canto a dispetto registrato
a Civitella M. Raimondo (Ch) il 28-6-1970 da Diego Carpitella (racc. 129,
Archivi di Etnomusicologia presso l'Accademia di Santa Cecilia - Roma), eseguito
da due voci femminili che si alternano. La cosa forse più evidente, in questa
trascrizione, anche per chi non legge la musica, è l'assenza della divisione
in 'battute' e la scansione del tempo (qui in secondi) data dal rigo che sovrasta
il pentagramma. Questo è uno dei metodi adottati oggi per trascrivere i documenti
di tradizione orale, documenti che per loro intrinseca natura sfuggono all'ingabbiamento
(e si potrebbe dire semplificazione) dei segni generalmente usati. Certo questi potrebbero
essere utilizzati, ma con un totale travisamento dell'intenzionalità della
comunicazione stessa e con risultati sonori ai limiti della riconoscibilità.
Il problema della trascrizione dei documenti sonori delle culture orali è
stato fin dall'inizio uno dei principali problemi (se non il principale) dell'etnomusicologia.
La domanda non era (e non è) solo come, ma cosa trascrivere. Queste musiche
hanno una loro complessità e chi trascrive (per motivi di analisi o altro)
deve cercare prima di capire cosa è pertinente per la cultura che esprime
quella data musica, poi trovare i segni adatti alla traduzione; "L'essenziale,
è di pervenire a una trascrizione descrittiva (...) ma culturalmente pertinente,
cioè che rifletta le strategie di produzione e di riconoscimento delle unità
minimali di un sistema musicale."(Nattiez 2000, pag. 115). |
Immagine 4
Trascrizioni di brani popolari fatte su richiesta di Gennaro Finamore (cortesia della
Bibl. Prov. De Meis, Chieti)
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Nell' immagine 4 vi sono trascrizioni di brani popolari fatte su richiesta
di Gennaro Finamore, e sono tra le prime trascrizioni di brani popolari abruzzesi.
Finamore infatti svolge il suo lavoro di ricerca a cavallo tra 1800 e 1900, e queste
trascrizioni sono eseguite sul campo 'ad orecchio'. Il procedere per terze delle
due voci, ed in modo omoritmico, è un esempio del condizionamento dovuto al
nostro modo di sentire. Oggi, a differenza dei tempi pionieristici del Finamore,
i mezzi tecnici ed una maggiore consapevolezza ci permettono approcci più
circostanziati. La presenza di più linee melodiche in presenza di più
cantanti è comunque una caratteristica di questi canti.
b) Bivocalità: bivocalità vuol dire presenza di due voci su
due linee melodiche diverse. Nel repertorio abruzzese queste due linee melodiche
sono, perlopiù, alla distanza di un intervallo di terza ed omoritmiche. Questa
tipologia di canto è la più diffusa nel repertorio femminile, quando
le esecutrici siano più di una; anzi si può dire che tradizionalmente
due cantanti si dispongono sempre su due linee melodiche diverse: lu avet' e lu
bbass' . Le due voci, però, non sempre si muovono insieme, e poichè
il canto popolare è ricco di abbellimenti, portamenti, cromatismi, è
una semplificazione parlare di 'terze parallele'. Una semplificazione influenzata,
tra l'altro, dalla nostra mentalità fondamentalmente tonale (bipolarismo maggiore
- minore), mentre il canto folklorico difficilmente si lascia imbrigliare in categorie,
anche modali.
c) Polivocalità: se le voci che eseguono il canto sono più di
due in questo repertorio le linee melodiche rimarranno due, ma il risultato sarà
polivocale: una solista e poi un insieme di individualità (il 'coro') che
si discostano e si collocano attorno alla stessa linea melodica con lievi sfasamenti
ritmici (in questo caso si parla anche di eterofonia). Aumenta così il numero
delle voci ed aumentano le possibilità di creare impasti sonori. Ciò
che infatti ritengo di grande interesse (e di grande suggestione) ed espressività
è il risultato sonoro derivato dallíinsieme dei colori individuali
di ciascuna voce, in un insieme corale che non è più il dettato di
un direttore o di uno stile ma è, io credo, l'insieme delle interiorità
dei singoli cantanti. |
Immagine 5
Canto per la raccolta delle olive
"ie vale cchiu nu giovin'in camisciole"
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L' immagine 5 è la trascrizione di un canto per la raccolta delle olive,
eseguito da voci femminili, registrato a Carpineto Sinello (Ch) il 29-7-1992 (racc.
Di Virgilio, Museo delle Genti d'Abruzzo, Pescara).
Polivocali sono tutti i canti di lavoro e i canti processionali.
d) Canti con accompagnamento strumentale: sono oggi soprattutto canti accompagnati
dall'organetto diatonico (per le ragioni già esposte in breve) ed appartengono
quasi esclusivamente al repertorio maschile; mentre il mondo dei canti popolari è,
almeno in Abruzzo, un mondo in gran parte femminile.
Hanno questa tipologia i canti di questua, quelli delle Confraternite.
Un argomento di studio altrettanto importante in questo tipo di espressione è
la lingua, cioè il dialetto. Un canto folklorico possiamo dire che sia tale
se è in dialetto. La funzionalità della lingua passa poi attraverso
il riconoscimento e l'uso di altri registri linguistici (che esprimono altri livelli
della struttura socio-economica della comunità): dialetto italianizzato, latino
nel caso di canti paraliturgici. Il dialetto, non è una novità, ha
una grandissima forza comunicativa ed accresce, anche foneticamente, le possibilità
espressive. |
Immagine 6
Triangolo vocalico con in alto le zone di esistenza delle prime due formanti per
le vocali dell'italiano, ed in basso la distribuzione dei suoni vocalici dialettali
in base alle posizione della lingua e al punto di costrizione del tratto vocalico.
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Nell'immagine 6 è rappresentato il triangolo vocalico con, in alto,
le prime due 'frequenze formanti' per le vocali dell'italiano (le formanti sono regioni
di risonanza del tratto vocale e, quando parliamo, si modificano col modificarsi
della forma di esso), ed in basso la distribuzione dei suoni vocalici dialettali
in base alle posizione della lingua e al punto di costrizione del tratto vocalico.
Attenzione è stata data anche alla costruzione del testo nel canto; spesso,
infatti, molte delle caratteristiche della lingua/dialetto sono esasperate o ridotte
nella parola cantata (vocalizzazioni, troncamenti ecc.)
Un capitolo della ricerca è stato dedicato ad introdurre e spiegare i fondamenti
della fisica acustica (cosa si intende per suono, quali sono i parametri fisici che
lo definiscono, ecc.) e le caratteristiche dei suoni vocali: timbro e risonanza
nei suoni vocali. Quest'introduzione permette di leggere le analisi che affiancano
le trascrizioni e di comprendere le caratteristiche fisico-acustiche dei canti. L'attenzione
alla 'componente timbrica' è l'aspetto più innovativo di questa ricerca
(presente già nei lavori di altri studiosi su altri repertori folklorici),
e nasce dalla spinta a dare una spiegazione alla capacità evocativa delle
voci, sia singole che negli impasti 'corali'; capacità che risiede, poi, in
una effettiva ricchezza dei contenuto sonoro.
Questa attenzione al materiale e ai suoi contenuti (lo spettro di un suono con le
sue componenti e il suo andamento nel tempo), inoltre, porta la ricerca etnomusicale
a contatto con l'attuale ricerca di una nuova dimensione del pensare la musica e
del comporre; dimensione che non può fare più a meno dei mezzi che
la tecnologia mette a disposizione. E si scopre che un interesse alle tecniche e
ai risultati elaborati dalla tradizione orale (ma anche ai contenuti) si giustifica
anche (o soprattutto) nella sintonia con le ricerche della nuova composizione ed
i panorami sonori contemporanei: non solo l'utilizzo espressivo-compositivo della
componente timbrica, ad esempio, ma anche la collocazione delle fonti sonore, il
loro rapporto con l'ambiente ed il movimento nello spazio.
Nello studio di questo repertorio per mezzo del computer si può andare oltre
la trascrizione ed avere, utilizzando appropriati software, una descrizione dell'evento
estremamente precisa, casomai con un eccesso di oggettività (rimandiamo a
quanto già accennato sulla trascrizione). |
Immagine 7
Andamento melodico relativo alla trascrizione parte b del canto a dispetto
dell'immagine 3 (andamento G. Tisato)
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Ad esempio l'immagine 7 mostra l'andamento melodico relativo alla trascrizione
parte b dell'immagine 3. Sono evidenti le caratteristiche intonative
che costituiscono questo stile di canto, tra le più evidenti: una intonazione
non 'temperata', il larghissimo uso di portamenti tra una nota e l'altra, l'uso di
'fiorire' le note (in particolare quelle di partenza e di arrivo dei salti intervallari),
la nota in cadenza finale sempre tenuta. Alcune di queste caratteristiche sono presenti
in maniera ridotta anche nella musica d'arte, qui sono formative dello stile: possiamo
dire, ad esempio, che nel repertorio folklorico (ed in particolare nei canti dove
una certa dose di 'virtuosismo' è culturalmente tollerata) l'attacco sul singolo
suono non è mai diretto nè privo di fioriture, e il salto tra due note
è sempre 'scivolato'. |
Immagine 8
Sonogramma del canto processionale "Evviva Maria " (sonogramma G.
Tisato)
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L'immagine 8 è il sonogramma di un canto processionale registrato a
Casacanditella (Ch) il 9-8-1991 ((racc. Di Virgilio, Museo delle Genti d'Abruzzo,
Pescara). Questa immagine - fotografia aiuta a spiegare il particolare colore e la
forza che molto spesso, in occasioni coinvolgenti (il rito religioso è una
di queste) hanno le voci folkloriche. Nei dieci secondi qui rappresentati la voce
femminile solista sta cantando/gridando Evviva Maria ..., e si può
ascoltare la prima strofa (Download - QuickTime mp2 - 460Kb).
La presenza di componenti del suono che hanno forte energia fin sopra i 16.000 Hertz,
e sono quindi ben presenti acusticamente, contribuisce a costruire il timbro di questa
voce.
Una delle cause della potenza e brillantezza di queste voci è senz'altro legata
all'uso, alla sua funzionalità: i canti di lavoro nei campi (dai quali io
credo discendano anche la tipologia e l'atteggiamento vocale del canto religioso)
vengono anche chiamati genericamente canti all'aria. E una riprova di questa loro
funzionalità è quella di registrarli al chiuso, come spesso si è
tentati di fare: il colore delle voci cambia completamente! E spesso anche la 'natura'
del canto, la sua forza ed il suo ritmo. Il risultato acustico è quindi influenzato
non solo dal dovere/volere esprimere qualcosa (fatica, devozione), ma anche dal contesto
e dalla posizione delle voci nello spazio; ne può seguire presenza o assenza
di eco, riverberazione ecc. a seconda se si sia in un campo, vicolo, dentro e fuori
la chiesa. |
Immagine 9
Sonogramma di un canto di mietitura
" a mete a mete" (sonogramma G. Tisato)
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L'immagine 9 è il sonogramma relativo ai primi tredici secondi di una
canto di mietitura registrato a Lanciano il 31-8-1995. La sezione spettrale
in alto a destra esemplifica una particolarità di questo modo di cantare:
la presenza della 'formante del cantante'. È questa una particolarità
che troviamo tra le voci 'educate', in particolare tenori e contralti: essi apprendono
ed usano questa tecnica per sovrastare il suono dell'orchestra, e lo fanno atteggiando
il tratto vocale in modo da evidenziare alcune regioni di energia. La voce qui registrata
(anch'essa femminile) intensifica sulla vocale e, ad otto secondi, la decima
parziale che risulta essere più intensa della fondamentale e della seconda
parziale (prima formante). Nel nostro caso questa tecnica fa parte di uno stile naturale
di canto appreso per imitazione e funzionale al contesto (all'aria) e all'uso espressivo.
In particolare in questo canto registrato al chiuso, quindi totalmente defunzionalizzato,
è la testimonianza di un atteggiamento vocale introiettato e memorizzato come
dato culturale.
In conclusione di questo breve contributo, che spero sia stato sufficientemente chiaro
ed illustrativo del canto folklorico in Abruzzo, vorrei di nuovo sottolineare la
funzione del museo dove oggi la tecnologia ci permette di avvicinare il documento
in modo 'live' (registrazioni audio, video) e recuperare parte della visibilità/vivibilità
di esso (fino ad una futura ricostruzione virtuale del rito). Alla conoscenza ed
alla riflessione sul contesto e sulla funzione del canto folklorico sfuggono però
i dati fonici ed espressivi: essi sono il risultato del vissuto e del condizionamento
culturale ed è per questo che il timbro vocale che ascoltiamo in questi canti
oggi non è più possibile.
Riferimenti bibliografici
Barriere J.B. (par) (1991), Le timbre, métaphore pour la
composition, ed. IRCAM/Bourgois, Paris.
De Martino E.(1975), Mondo popolare e magia in Lucania, Basilicata ed., Roma
- Matera.
Di Virgilio D., Tisato G. (1997), Il canto popolare abruzzese, postazione
Multimediale c/o Museo delle Genti d'Abruzzo, Pescara.
Di Virgilio D. (2000), La musica di tradizione orale in Abruzzo, Quaderni
della Rivista Abruzzese n. 35, Lanciano.
Nattiez J.J., Schulte - Technoff I., L'etnomusicologia: strutturalismo o
Culturalismo?, pagg. 109-131,in Musica/Realtà, marzo 2000 n.61. |
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