Domenico Di Virgilio
Folklore and folklorism: some remarks from the fieldwork in Central Italy (and beyond)

Foreword

Canti di solstizio - canti di passaggio - canti di attesa e di rinnovamento

Domenico Di Virgilio

"(...) rapporti di filiazione, alleanza o potere, ma anche (,,,) miti e riti, tutte realtà antropologiche che impongono agli uomini in società di sottomettersi al tempo per accettare la morte, e di reinventarlo per vivere insieme. " (1)

Nel libro Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana Alfonso Di Nola richiama il Gramsci di Letteratura e vita nazionale , la "(...) concezione del mondo e della vita di determinati strati (determinati nel tempo e nello spazio) della società, in contrapposizione con le concezioni del mondo 'ufficiali' (o in senso più largo delle parti colte della società storicamente determinate) che si sono successe nello sviluppo storico. " (A. Gramsci 1987, pag. 267). Osservazioni a partire dalle quali, credo, non si possa non considerare Ernesto De Martino e l' interpretazione che questi da del mondo popolare come 'risorsa' (rifugio - scudo protettivo) nei confronti di modelli culturali ed economici dominanti. Per 'dominante' possiamo intendere 'egemone' nell'accezione ormai usurata ma sempre applicabile a modelli 'esterni' proposti ed ormai accettati in modo univoco quanto acritico da tutti; perché appunto generalmente presentati come modelli di vita 'globale' non più oggetto di discussione. Un esempio tanto banale quanto vero mi sembrano i centri commerciali: templi del consumo e dell'apparente tempo libero (o tempo ierofanico?) che punteggiano le campagne. Questa situazione è tanto più vera oggi quando lo studio del folklore, sia esso scomparso sia in trasformazione, può servire (e ne sono convinto) ad una lettura più critica e consapevole della nostra realtà.

I canti di attesa e rinnovamento rimandano a più motivi di contrapposizione tra modelli rurali ed urbani - globali , ed oggi possono leggersi ancora come attesa - rinnovamento di una situazione socio economica percepita come critica (anche se in effetti tale non credo sia ancora), o di ripiegamento verso condizioni economiche e rapporti di lavoro 'antichi': crisi del salario, precarizzazione, impoverimento graduale, ritorno ad una parziale dipendenza dalle risorse agricole come integrazione del salario.

In un momento di adattamento, più che trasformazione della nostra economia, vissuto come crisi di passaggio , richiamare/rileggere (tornare a leggere) una tradizione che sembra sempre condannata a sparire ma sempre scopriamo essere in grado di sopravvivere a se stessa, magari adattandosi, può essere utile per rileggere noi stessi.

" Aspettare che l'inverno passi, che i pastori tornino a casa dalla transumanza, che la primavera arrivi e che tutto ricominci: il lavoro nei campi, i pascoli, le provviste, gli scambi e che tutto si ripeta ciclicamente, all'infinito, esattamente come il nascere del sole al mattino e il suo tramontare alla sera, esattamente come l'inizio e la fine di una vita ." (L. Reginaldi, Racconto , pag.9, cit. in G. Spitilli, Il paese "di mezzo", storie di vita e fotografie familiari a Intermesoli , Ricerche&Redazioni, Teramo 2007, pag. 96)

In questo suo ripetersi, in questo suo ricominciare "(...) trasfigurato (...) per effetto della sua ripetizione e quindi ripetibile all'infinito (...)" (M.Eliade 1999, pag.351) il tempo diventa ierofania, ' reso presente' 'ripresentato'. Le feste avvengono in un tempo sacro assimilabile all'eternità, e per noi ad un tempo sospeso per la nostra rigenerazione: festa, vacanza, tempo fuori dal lavoro. (2)

E' Il ciclo calendariale, il solstizio, l'economia rurale tradizionale, a fornirci modelli di lettura ed utilizzo del tempo ciclico come 'momenti' delle esigenze di attesa e di rinnovamento.

Il tempo dei calendari è, come dice Jacques Le Goff, il tempo delle società che li leggono: " Il calendario dipende dal tempo cosmico, regolatore della durata che s'impone a tutte le società umane; ma queste lo recepiscono, lo misurano e lo trasformano in calendario secondo le strutture sociali e politiche, i loro sistemi economici e culturali, i loro strumenti scientifici e tecnologici. " (J. Le Goff 1977, pag. 508). Ma oggettivamente il tempo dei calendari (come quello dell'orologio) è un tempo ciclico, retto dai fenomeni del cosmo, dai solstizi: solstitium = solis statio , fermata del sole. I due punti dell'eclittica nei quali il sole si trova alla massima distanza angolare dall'equatore celeste il 22 giugno e il 22 dicembre. In questi due punti il sole cessa rispettivamente di alzarsi sopra e di scendere sotto l'equatore, sembra quindi che si fermi per ricominciare rispettivamente a scendere o a salire. È "(...) il tempo della cronometria - un tempo che - ammette un numero indefinito di ritorni - dove - niente di realmente nuovo può apparire (...)"(K. Pomian 1977, pag. 1140), ma anche un tempo che poiché è ciclico ammette due fasi, una ascendente ed una discendente, e una sostanziale ambivalenza di atteggiamento nei riguardi del futuro e del passato: angoscia o speranza nei riguardi dell'uno, imitazione o rimozione nei riguardi dell'altro.

La cultura contadina si inserisce in queste letture con le proprie prassi, alfine di esorcizzare le paure o accompagnare le speranze. In particolare la festa è "(...) solidale delle specifiche fasi del ciclo di produzione, della conflittualità dei momenti di maggiore tensione ed attesa (periodi dell'inizio delle semine, della prima germogliatura, ecc.) (...) il coltivatore della terra (...) avvertiva la materiale dipendenza del suo sopravvivere da un arco di alee indominabili che appartengono all'ordine della natura e della storia. (...) il momento festivo diviene l'occasione della liberazione dalle cariche angoscianti, conserva sicuramente tutti i significati positivi dell'incontro tra uomini, ha cioè le valenze del gioco e del divertimento ma sottende anche una tensione non quantitativamente indifferente e secondaria" (A.M. Di Nola 1976, pagg. 19 - 20).

Il momento - festa prevede una serie di cerimoniali ' mitico-rituali ' di distruzione e rifondazione del tempo. L'avere ed il consumo di beni (vino, carne di maiale) rompe la " frugalità annuale ( ... ) riscattano dalle tensioni accumulate ed inaugurano il tempo nuovo, concorrendo in ciò con i riti del vero e proprio Capodanno calendariale. "(A.M.Di Nola 1976, pag. 205). Ma questa rifondazione rivela anche l'aspetto 'contestativo' della cultura contadina (forte dell' apparente/ momentanea sicurezza data dal momento rituale) nel mettere in discussione il tempo lineare, ' il tempo della cronologia' per il quale non si osservano i fenomeni naturali (ciclici) ma " le azioni degli uomini, di certi uomini: è il potere che introduce la linearizzazione del tempo." (K. Pomian 1977, pag . 1145).

I canti calendariali che si eseguono, nella nostra zona, a partire dal solstizio invernale sono:

lu Sand' Andone , la Pasquetta o Maitinata , quest' ultime eseguite in occasioni particolarmente dense di significati religiosi - magico - simbolici come quello tra il Natale e l'inizio del nuovo anno, o per l'Epifania.

In occasioni simili in alcune regioni settentrionali sono diffusi i Canti della stella.

In tutte queste canti vi sono ricorrenze testuali legate ad auguri alla persona (buona salute), all'economia rurale (abbondanza legata al raccolto o all'allevamento del bestiame).

A Fara Filiorum Petri abbiamo registrato (F.F.Petri 16 gennaio 1986) dalla voce di Antonio Di Fulvio (classe 1900) questo testo che rilegge la Storia dalla parte delle classi contadine. Il testo è stato creato sulla falsariga del canto dei mesi, un canto calendariale in cui venivano elencati i mesi dell'anno secondo le loro caratteristiche e rilevanza in rapporto al ciclo agricolo, e sull'aria locale de lu Sand' Andone. Diamo solo alcune strofe, per un'analisi e trascrizione completa del testo cfr. D. Di Virgilio, A. Gandolfi 1989.

lu quindici arrivà

pure la guerra sa preparà

a le classe l'ha richiamate

vivo sempre Andonio Abate

menute pure lu sidice

se spara le cannonate

cannonate e fucilate

vivo sempre 'ndonio Abate

ha menute lu diciassette

mi sa messe n'affann m'pette

tutte le classe l'ha richiamate

vivo sempre 'ntonio Abate

(...)

Sempre a F. F. Petri (registrazione 16 gennaio 1988) abbiamo raccolto dalla voce di Antonio Pietrantonio, e sempre sull'aria de lu Sand' Andone cantato localmente, questa rifondazione della propria condizione esistenziale (3):

alli sedici di stu mese

faceme na scite pe stu paese

si niente ci guadagneme

li tacc'a le scarpe li sfrusceme

li purteme a nu bbone scarpare

e c'iarmette li tacc'a le scarpe

le scarpe ce l'abbiamo

le calzette come facciamo

pieme na pelle da na ciuvette

ce faceme le calzette

le calzette ce l'abbiamo

le mutande come facciamo

pieme na pezze de nu bone panne

ce faceme le mutanne

le mutanne ce l'abbiamo

il pantalone come facciamo

pieme na pelle de nu montone

ce faceme lu pantalone

il pantalone ce l'abbiamo

la camicia come facciamo

pieme na pelle d'asina vicchie

ce faceme la camicie

la camicie ce l'abbiamo

la cravatta come facciamo

pieme na coda de na hatta

ce faceme la cravatta

la cravatta ce l'abbiamo

lu curpette come facciamo

pieme na pelle de na crapette

ce faceme lu curpette

lu curpette ce l'abbiamo

la giaccette come facciamo

la chiappeme na giuvinette

ce faceme la giaccette

la giacchette ce l'abbiamo

lu cappelle come facciamo

lu cappelle d'invern'e 'state

vivo sempre 'ndonie Abate

Gli esempi che seguono sono tratti da Maitinate registrate da Alan Lomax a Castel del Monte e Santo Stefano di Sessanio, entrambi in provincia de L'Aquila, nel dicembre del 1954 .

Anche in questo caso diamo solo alcune strofe, per un'analisi e trascrizione completa dei testi cfr. il CD Rounder Records 2001 di cui alla bibliografia.

1) (...)

e tutti facemo allegrezza

e che nata la criatura

e ddi fiori e ddi bellezze

e tutta piena d'amor

e ddi fiori e ddi bellezze

e tutta piena d'amor

(...)

2) bonnì bonnì bonn'anno

fatte nove Capedanne

è meniuti anne nuove

so tutte pecur'a fijete

e nu munne di castrete

tocca su catinelle pozza fa nu citilì

tocca sa catinella pozza fa na citilè

(...)

Degli esempi che seguono diamo anche la trascrizione dei suoni. Ci serve ad avere una immagine più completa del documento, anche se non esaustiva; per questo sarebbe indispensabile l'ascolto. E' possibile però che uno studio approfondito e circostanziato dei modelli esecutivi possa rilevare delle costanti - ricorrenze - corrispondenze simbolico performative di quanto detto per il contesto. Ad esempio Paul Collaer sottolinea come l'uso del tamburo a frizione (cfr. Pasquetta di Palmoli, trascrizione 1 ) accompagni in molte culture il repertorio calendariale e le cerimonie collegate a riti di morte e resurrezione: a) della natura (solstizio d'inverno), b) di una divinità o di un iniziato, ecc. (P.Collaer 1960).

Per ogni documento accanto alla trascrizione su pentagramma viene dato anche l'andamento delle altezze (pitch contour) delle parti vocali. Questo è stato ricavato con il programma PRAAT, 4.1.7 (by P. Boersma & D. Weenink) liberamente scaricabile dalla rete, dopo aver filtrato il documento sonoro con un filtro passa banda >28Hz 300Hz <.

Nella trascrizione della Pasquetta di Palmoli alla parte strumentale segue l'andamento delle altezze della parte vocale, mentre per la Maitinata di Collelongo vengono date, sovrapposte, sia la trascrizione su pentagramma che il pitch contour.

L'andamento dovrebbe essere di aiuto nel ricreare un quadro mentale degli accadimenti sonori in assenza di supporto audio. Sembra ovvio che il processo è abbastanza soggettivo, ma anche dipendente dal margine di errore della macchina. Nondimeno quello che si vede è un flusso di suono ininterrotto tra le altezze e che riempie, nel caso di più voci, una fascia di frequenze contigue. Nell'esempio di Collelongo vi è anche un accenno di bivocalità per terze, modalità piuttosto comune di canto nella tradizione orale dell'Italia centro meridionale, in questo caso però piuttosto indeciso.

Una prima considerazione potrebbe essere quindi che la singola nota che noi trascriviamo sul pentagramma non è quello che realmente percepiamo (!), ma solo l'altezza che noi giudichiamo come caratterizzante in quel momento l'esecuzione. Ma questa è solo una parte di un discorso sulla nostra percezione dei suoni, e sulla trascrizione.



Pasquetta, Palmoli (Chieti) registrazione 5-1-1991 (trascrizione 1 (audio1)

Mario D'Alò = voce, Marulli Angelo = voce, Levino D'Amario = voce e pignatta, Andrea Lavanda e Fiorenzo D'Amario = fisarmoniche, Valerio Di Ninni = organetto 12 bassi, Nino Bolognese = sax mib, Giuseppe D'Alò = voce e piatti, Luca D'Amario = campanello, Giuseppe D'Amario = tamburo a frizione.

bona sera mia gente bona sera mia gente

ascoltat' attentamente ascoltate attentamente

e dumane è Pascarell' e duman è Pascarelle

...

la Pasquetta che vuol dire la Pasquetta che vuol dire

lari Signore l' apparire lari Signore l'apparire

che lligrezza del camine che lligrezza del camine

dov' è nate Gesù Bambine dov'è nate Gesù Bambino

che lligrezza del Signore che lligrezza del Signore

dov' è nati lu Redentore dov'è nato lu Redentore

quella stella si ni iave quella stella si ni iave

per la strada ...

è rrivato un certo luoche è rrivato un certo luoche

quella stella si ferma nu poche quella stella si ferma un poco

è rrivate quella grotte è arrivate in quella grotte

mezz' aperta mezza rotte mezz'aperta e mezza rotta

nu paes' assai luntane nu paes' assai luntane

ci comparì li tre sorelle ci comparì li tre surelle

uni si chiamave Gasebarre uni si chiamave Gasebarre

Maripion' e Baldassarre Maripion' e Baldassarre

tra un bov' e un'asinelle tra un bov'e un'asinelle

ca ci è nate lu bambinelle ca ci è nate lu bambinello

pizza dolc'e sfogliatelle pizza dolc'e sfigliatelle

schiripillett'e torcinelle schiripillett'e torcinelle

I mi ni vade passe passe i mi ni vade passe passe

a voi signori la bona Pasqu' a voi signori la bona Pasqua

I mi ni vado di buon cuore I mi ni vado di buon cuore

la bona Pasc' a voi signori la bona Pasc' a voi signori



Maitinata, Collelongo (L'Aquila), registrazione 30 settembre 1993, (trascrizione 2 (audio2)

I me ne vaie alla man'alla mane

pure Nicola ... salutare pure Nicola ... salutare

... salutare

con la sua cara sposa in compagnia con la sua cara sposa in compagnia

questa figliola che in casa c'iavete

na bona sorta il Signor ci dia na bona sorta il Signor ci dia

San ... pregare

che vi possa scampà di malattia che vi possa scampà di malattia

a nov'a nove

e fora anne vecchi'entra iu nove e fora anne vecchi'entra iu nove

.....

a tutte quante na bona salute a tutte quante na bona salute

questa figliole che in casa ci avete

non pozz' avè ne ...

...

e Sant'Antonie la pozza guardare e Sant'Antonie la pozza guardare

queste figliole ch'è lontan'assaie

na bona ... pozza revenire na bona ... pozza revenire

...

vi do la bona ser'a voi signore vi do la bona ser'a voi signore

i me ne vaie cantenne cantenne

bon feste bon Natal'e bon Capedanne bon feste bon Natal'e bon Capedanne

e se la maitenata ne una bona

e fora tira vent'e fiocca e piove e fora tira vent'e fiocca e piove



Note

1) "(...) la cultura nel senso globale e antropologico del termine, è l'insieme di queste relazioni nella misura in cui sono rappresentate e istituite e hanno simultaneamente una dimensione intellettuale simbolica, e una dimensione concreta, storica e sociologica attraverso la quale passa la loro messa in atto. Gli etnologi hanno ratificato l'esistenza di 'culture' in questa doppia dimensione intellettuale e istituzionale, interessandosi ai rapporti di filiazione, alleanza o potere, ma anche ai miti e ai riti, tutte realtà antropologiche che impongono agli uomini in società di sottomettersi al tempo per accettare la morte, e di reinventarlo per vivere insieme." (M. Augé, Il mestiere dell'antropologo , Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 61, pag. 20)

2) Su Mircea Eliade e la sua posizione nell'ambito degli studi di storia e/o etnologia delle religioni cfr. l'introduzione di Ernesto De Martino all'edizione italiana del libro di Eliade citato e lo stesso Vittorio Lanternari alle pagine 456 segg.

3) Per i riti del fuoco - riti di rifondazione del ciclo vitale: si ricapitola il passato e si apre il futuro, cfr. Lanternari 1959.



Bibliografia

P.Arcangeli, R.Leydi, R.Morelli, P.Sassu, Canti liturgici di tradizione orale,

Libretto allegato all'omonimo cofanetto di 4 LP Albatros, Alb 21 1987

P.Collaer, Le tambour a friction, in Le Colloques de Wegimont, vol. 19, 1960

Alfonso M. Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana,

Boringhieri, Torino 1976

D. Di Virgilio, I canti per le farchie di Sant'Antonio Abate , Museo delle Genti

D'Abruzzo Quaderno 19, Pescara 1989

D. Di Virgilio, La musica di tradizione orale in Abruzzo , Quaderni della Rivista

Abruzzese n.35, Lanciano 2000

D. Di Virgilio, note ai canti, libretto allegato a CD, Italian treasury-Abruzzo , the Alan

Lomax Collection, Rounder Records 2001, a cura di G.Plastino

D. Di Virgilio, libretto allegato al CD, Chilla stilluccia mia, canti tradizionali in Abruzzo ,

Ethnica 26, Taranta 2007

M. Eliade, Trattato di storia delle religioni , Torino 1999

M. Eliade, Il mito dell'eterno ritorno, Roma 1989

A.Gandolfi, I rituali per S.Antonio Abate in Abruzzo, presentazione delle versioni

Melodiche, Museo delle Genti D'Abruzzo Quaderno 19, Pescara 1989

A.Gramsci, Letteratura e vita nazionale , Editori Riuniti, Roma 1987

V. Lanternari, La grande festa , Milano 1958.

J. Le Goff, Calendario , pp. 501-534 in Enciclopedia Einaudi vol. 2, Torino 1977

Ciclo , pp. 1126 - 1180 in Enciclopedia Einaudi vol. 2, Torino 1977

 
 
 
 

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